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Pol Cesk

giovedì 2 gennaio 2020

Curiamo il disagio mentale tra Cortina e Saint Moritz

Buongiorno,
in occasione delle festività natalizie sono andato nella sede dell'associazione che "combatte" contro i disagi mentali insieme ad Angela, una mia carissima amica che vorrei coinvolgere per iniziare un corso di yoga dedicato a chi soffre di disturbi mentali (impresa a quanto pare difficilissima da realizzare).
Al nostro arrivo davanti alla sede, subito ho avuto delle brutte sensazioni, le ho imparate a riconoscere quando sono stato in crisi up per il disturbo bipolare; dalla vetrata della sede, oscurata da una veneziana interna, ho visto che tutti erano riuniti in piedi e in cerchio molto vicino alla porta d'entrata. Essendo in un punto della città un po' critico, vicino alla stazione, la porta è sempre chiusa a chiave e ti devono vedere dall'interno per poter entrare.
Io e Angela abbiamo bussato una, due, forse tre volte e non siamo stati minimamente considerati.
Poi ho capito il perché: erano presenti per gli auguri di Natale due "pezzi grossi" dell'associazione davanti ai quali era necessario prostrarsi e dare tutta l'attenzione che il loro ruolo richiedeva.

Dopo qualche minuto, ci hanno finalmente aperto, un breve giro di saluti (io ho dovuto rispondere ripetutamente che stavo bene) e poi eravamo nuovamente esclusi dai discorsi. Al ché ho messo la mia bottiglia di vino sul tavolo dove c'erano salatini e dolci.

Vedo che i due "pezzi grossi", un uomo e una donna dal fare molto altezzoso, si avvicinano alla mia bottiglia e la aprono. Per rompere il ghiaccio, dico: "Ah, che onore avete aperto proprio la mia bottiglia per prima tra le tante". Mi risponde l'uomo: "Ah, è tua questa? Perché sei un produttore di vino?". Rimango per un attimo basito e, con sorriso amaro, rispondo: "No, l'ho comprata prima al supermercato". Tra me pensavo: "Mi ha scambiato per un imprenditore del settore? Che caxxo ci sto a fare qui? Ci sono persone che neanche lontanamente hanno qualcosa a che fare con me". Ritorno da Angela e le racconto quanto mi era appena successo e lei sghignazza coprendosi la bocca con la mano e mi rincuora sul fatto che neanche lei riusciva a sentirsi a suo agio in quel gruppo di persone.

Successivamente andiamo nella sala riunioni dove la donna,  che poi ho scoperto essere il nuovo presidente designato, si presentava e dava la parola al vicepresidente per esporre i risultati raggiunti dall'associazione nell'anno appena trascorso e gli obiettivi futuri.
L'esposizione dei risultati non è durata molto, qualcuno ha chiesto informazioni circa la quantità dei fondi raccolti e, devo ammettere che è stata raccolta una somma veramente considerevole. A questo punto bisogna capire però in cosa viene reinvestito questo capitale.

Arrivo ora al titolo del post: durante tutta la mia collaborazione come volontario ho sempre sentito parlare di raccogliere fondi per l'associazione,  l'ultima in ordine di tempo riguarda l'organizzazione di party in alcune esclusive località montane, oppure degustazioni culinarie con chef stellati, mostre di critici d'arte con invito esclusivo, organizzazioni di tornei di golf, tennis e forse equitazione.

In discesa libera per la raccolta fondi


La mia idea è parecchio distante e ve la espongo: innanzitutto vorrei conoscere i malati mentali, chi non riesce a vivere la propria vita a pieno perché la sua fobia o disagio lo costringe a evitare molte situazioni, cercare di risolverla in modo concreto e vedere anche il livello culturale ed economico nel quale il disagio della persona si è sviluppato. In poche parole conoscere lo storico tenendo un certo grado di anonimato. Quello che manca al malato è ricavarsi l'autonomia dalla famiglia, credere in se stesso per trovare un lavoro che gli permetta di vivere al di fuori da quell'ambiente che ormai è diventato ostile perché non gli permette di prendere decisioni in quanto tutto viene fatto dai famigliari al grido di: "Poverino è malato di mente e avrà bisogno di tutto il nostro sostegno". Facendo questo, anche se in buona fede, i famigliari continuano ad alimentare quella sensazione di torpore che il disagio necessita per rimanere vivo.

Spero di non avervi annoiato con questi concetti che ormai sono sempre gli stessi, ma che non vedo essere chiare in tutte le associazioni che ho potuto frequentare.

Con questo vi saluto e Buone Feste!

Pol




venerdì 8 novembre 2019

La "magia" del videopoker

Buongiorno a tutti,
è da un po' che vorrei scrivere qualcosa sulla ludopatia o GAP (Gioco d'Azzardo Patologico) visto che io stesso, anni fa, avevo provato a giocare e iniziato a sentire il piacere della "vincitina" ripetuta, ma anche della "perditina" ripetuta che fa scattare il meccanismo della dipendenza. Un po' come il bastone e la carota per i ciucchi!!!
Al di là di scrivere su quelle che possono essere le caratteristiche personali di un individuo che inizia a giocare, vorrei soffermarmi su quelle che sono state le sensazioni mie e cercare di capire quelle dei miei conoscenti che sono entrati in questo gioco perverso.

Non faccio neanche un discorso politico sociologico perché facendo due conti, lo stato incassa un sacco di soldi per il gioco d'azzardo, ma poi ne spende una cifra devastante in cure, assistenza sociale delle persone ludopatiche, rapporti personali che vanno in frantumi, eccetera, eccetera.

Ricordo che mi sono avvicinato innanzitutto perché nel mio quartiere, essendo poche le cose da fare durante la settimana, alcuni miei amici avevano già iniziato. Proprio uno di questi, che chiamerò Arturo per comodità, stava giocando in un bar abbastanza malfamato e, quella volta che sono uscito con lui, ho notato come sapesse tutto delle macchinette. Erano cinque, come se fossero delle sue figlie, mi ha presentato la sala slot in questo modo: "Vedi, quella in fondo, ha pagato ieri, quindi non ci gioco, quella vicino ci sta giocando Ignazio, maledetto lui, dovrebbe pagare a momenti. Dai, mettiamoci in questa che ho appena chiesto al barista e mi ha detto che è da poco che ha iniziato a pagare e quindi potrebbe essere il giro buono". Insomma, tutta una serie di strategie e serie storiche di vincita che potrebbero far impallidire l'ISTAT.
Dopo un po' che Arturo gioca, effettivamente la macchinetta mostra sul display una "cifrona": 250 euro. Io ero estasiato, in cinque minuti avrebbe vinto 250 euro e subito ho esclamato ad alta voce: "Porta via tutto, quando mai ti ricapita una vincita così?". Ricordo la sua espressione annoiata e quasi usuale nel rispondermi: "Eh, aspetta ha appena iniziato a pagare". Subito alza la posta da scommettere e mette il tasto automatico. 

Piccola parentesi sul tasto automatico (altro meccanismo da criminali), cerco di spiegarlo: praticamente, il povero giocatore ludopatico all'inizio schiaccia i bottoni per avviare la slot machine e poi, invece, quando è annoiato e dentro fino al collo nel meccanismo, non ha più voglia di fare neanche quello sforzo e fa andare da sola la macchinetta. In questo modo vede solo scorrere tutte le puntate, velocissime e non deve più intervenire, facendosi in qualche modo "sbomballare" da suoni e luci insistenti e rotanti, un po' come essere drogato in una discoteca tecno (potrebbe rendere l'idea?).

Quella volta che ho assistito alla partita di Arturo alla fine ha vinto circa 300 euro e poi si sentiva in qualche modo spavaldo da offrire da bere a me e a tutti gli altri che erano nel bar in quel momento, un po' come a dire: "Visto che io ho capito? Hai visto che non mi faccio fregare dalle macchinette?". Ovviamente alla mia domanda: "Sei in attivo?". Mi ha risposto: "Sì, riesco a ricavarmi una piccola entrata aggiuntiva al mio stipendio".

Chissà come mai tutti mi hanno risposto che sono in attivo? Eh... bugiardi? Credo di sì, una caratteristica del drogato è sempre stata, fin dalla notte dei tempi, quella di mentire, purtroppo.




Un'altra volta ho chiamato Arturo e gli ho detto: "Hai voglia una di queste sere di venire a giocare a biliardo, come facevamo una volta?". "Sì, certo, potremmo andare al bar dai cinesi, quello vicino al centro commerciale". "Non ci sono mai stato, ma hanno un bel tavolo da biliardo?". "Certo, ci sono stato l'altra settimana". "Okay". Arriva la sera della partita a biliardo e vedo Arturo, che era un buon giocatore, giocare in modo svogliato e poco concentrato. Ve la faccio breve, dopo circa mezz'ora di partita, avevo già vinto e lui voleva andare dentro la saletta dedicata alle slot machine.

Era in astinenza da macchinette!

La prima cosa che ho notato quando siamo entrati dentro la sala, era il buio pesto, non riuscivi neanche a vederti i piedi. A mezza altezza, le luci intense dei monitor delle slot machine, parte per parte a formare una squadra di una ventina di macchinette, fumo da sigaretta e birre, con una puzza di "morte" che completava il quadro. Dentro ci saranno state otto, nove persone. Io in veste di spettatore.

La prima cosa che mi è venuta in mente è stata: "Eccola qui, la bara con le lucette di Natale, un'esperienza di loculo per quando sei ancora in vita".

Altra immagine che mi è venuta in mente quando ho visto queste persone spente che giocavano, erano tipo i bambini piccoli davanti alla televisione, quasi lobotomizzati dal susseguirsi di luci, suoni con tempi rapidissimi.

Non so come concludere questo post. Se lo avete letto tutto e soffrite di questa patologia, mi dispiace tanto, fatevi aiutare dal più vicino centro per la salute mentale. Visualizzate mentalmente l'immagine dei bambini piccoli inebetiti dalla televisione schermo piatto da 100 pollici e poi sappiatemi dire se non vi sentite un po' come loro.

Saluti

Pol


  




mercoledì 9 ottobre 2019

Back to the S.S.N.

Ritorno al Sistema Sanitario Nazionale

Buongiorno a tutti,
ho iniziato con il botto questa volta!
Oggi vi scrivo della mia andata e ritorno dal Sistema Sanitario Nazionale (SSN) un po' come se fosse un viaggio nel tempo verso il passato, con diverse esperienze alle spalle, alcune decisamente positive.

Tutto è iniziato molto tempo fa, ormai sono passati più di dieci anni da quando ho avuto il primo impatto con il SSN  cercando di curare un'inadeguatezza di vivere che sentivo. E' stato tutto molto difficile perché ho incontrato un primo psichiatra che forse sarebbe stato meglio non avessi mai incontrato e dopo sono stato assegnato ad un'altra dottoressa con la quale non riuscivo a parlare per niente perché mi sembrava che rispondesse in modo automatico a tutti i pazienti. Adesso non voglio tediarvi e quindi vi rimando al capitolo Esperienza di disturbo bipolare per chi è curioso e non ha ancora letto.

Da quell'esperienza tutto è andato verso il peggio: sono stato ricoverato e lì ho conosciuto quella che poi è diventata la mia nuova psichiatra che lavorava sia in reparto che nel privato. Mi sono trovato bene, avevo bisogno di fare chiarezza dopo quel momento buio e nel privato ho trovato quell'attenzione che purtroppo nel pubblico non sono riuscito a trovare in quel momento.

Non scrivo questo post per parlare male del SSN, ma per chiudere una sorta di cerchio che mi ha riportato qui, da quella psichiatra del servizio pubblico che avevo lasciato per passare al privato.

Perché sono tornato al pubblico?
La verità è che non sento più l'esigenza di andare dalla psichiatra privata per il semplice fatto che sono passati degli anni, sono stabilizzato con la terapia e, infine ho più altre cose da raccontarle. Dovendo comunque seguire una terapia farmacologica (il paziente non può rimanere in balia di sé stesso per l'assunzione delle medicine prescritte), la dottoressa mi ha detto: "Ritorni al pubblico, non vorrà mica darmi la responsabilità di lasciarla solo con il suo problema?". Io ho risposto: "Okay, ritorno al pubblico, sperando di trovare un ambiente diverso da quello che ho lasciato".

Al ritorno al SSN, ho subito trovato alcune complicazioni. Dovevano riaprire la mia cartella, come se non fossi mai stato lì e, invece, conoscevo tutti gli infermieri che mi hanno curato per tempo, ricordando il disagio che mi accompagnava. Dopodiché mi hanno fatto compilare un sacco di scartoffie e poi sono dovuto andare al distretto medico per l'esenzione del ticket per patologia. Per il resto, ho trovato un SSN più spento rispetto a dieci anni fa, si vedono gli effetti della privatizzazione delle cure mediche. Anche il raggruppamento delle unità sanitarie territoriali sta dando i suoi effetti negativi con un numero sempre maggiore di pazienti per singolo medico e, quindi maggiori disagi soprattutto per la sanità mentale.
Mi dispiace che il nostro SSN venga sempre più ridotto all'osso perché, nei vari anni di cura, ho conosciuto (ed erano la maggioranza) infermieri preparatissimi, persone alle quali piace il proprio lavoro e che vogliono veramente aiutare chi sta passando un momento di difficoltà. Nel servizio pubblico ho incontrato, non lo dimenticherò mai, anche la psicologa che mi ha insegnato come curare la fobia sociale attraverso la terapia cognitivo-comportamentale (per approfondimenti vi invito a leggere Terapia della fobia sociale) ed è stato...

Un successo della mia vita! Per ora...

Ora ho la cartella clinica riaperta, rinnovato l'esenzione per medicine, visite e tutto il programma di monitoraggio dell'assunzione della terapia, come nel privato. Tra l'altro devo fare di nuovo l'elettrocardiogramma perché, come mi è stato spiegato, l'assunzione di psicofarmaci può far insorgere problemi al cuore, a lungo andare. (Help me!)

Cercando di tirare le somme di questo discorso, non so se questa mia scelta si rivelerà corretta o sbagliata, solo il tempo potrà dirlo, per il resto, rimango sempre vigile, cerco di monitorarmi sempre nei miei livelli di energia, sonno, eccetera, eccetera.
Ricordatevi che nessuno ci può aiutare meglio di noi stessi, quindi teniamoci stretti la nostra salute mentale, non facciamoci abbattere da chi dice che sei "strano", "sei matto", "non combinerai niente nella vita". Andiamo avanti a testa alta, sempre rispettosi del prossimo e accettando critiche e consigli solo da chi sappiamo che ci vuole bene.

Ah, dimenticavo, volevo lasciarvi una battuta per ridere un po' di questa assurda situazione: sapete cosa mi ha detto la psichiatra del servizio pubblico quando sono ritornato all'appuntamento da lei? "Ah, salve, bello vedere che sta bene, ricordo che le nostre sedute erano particolarmente impegnative per me". Beh! Direi che sono capitato in buone mani. Cosa ne pensate?

Saluti dal SSN

Pol

sabato 10 agosto 2019

Coraggio povero vecchio uomo

Buongiorno,
come saprete se avete letto gli ultimi post, sto cercando di fare il volontario.
Durante un incontro con i familiari di persone che vivono il disagio mentale, ho conosciuto Gianni, un uomo magro e anziano con un espressione del viso veramente affranta.
Stavo parlando con un membro dell'associazione per capire come organizzare il banchetto della prossima domenica, quando si avvicina Gianni e mi dice: "Dopo possiamo parlare?". "Ovvio", rispondo io, desideroso di rendermi utile.
Dopo dieci minuti, ci spostiamo in una stanza in modo da essere un po' appartati e Gianni inizia con il dirmi che ha paura per sua nipote, colpita da depressione all'età di 18 anni. Non era molto chiaro nell'esposizione della sua esperienza dolorosa così, dopo un po' di domande da parte mia, compresi che a Gianni era appena morta la figlia di 44 anni, madre della ragazzina e che ora lei non era in Italia perché era impegnata in un'esperienza di studio e lavoro in Inghilterra.
Ho fatto fatica a chiedere di più sulla causa della morte della figlia di Gianni, ma dopo un po' di tentennamenti da parte mia, mi disse che era morta per le conseguenze dovute a pesanti trattamenti con psicofarmaci, per curare uno stato di depressione profondo. In poche parole si è lacerato lo stomaco per diversi fattori, molti dei quali riconducibili, secondo lui, ad un eccesso di medicinali per curare il suo stato mentale.
Ora, la preoccupazione da nonno è quella di portare in Italia sua nipote per cercare di risolvere la cupa depressione che l'ha colpita dopo la perdita di sua madre, cosa che lo ha portato ad andare in Inghilterra per sincerarsi del suo stato di salute. Vedendo che la piccola non stava niente bene, decide di portarla in Italia da uno psichiatra che le ha prescritto diverse medicine contro la depressione.

Mi domando se sia la strada giusta da percorrere con una paziente di 18 anni cui è appena morta la madre. Secondo il mio modestissimo parere, essendo morto anche a me un genitore, si deve accettare il periodo di elaborazione del lutto, con tutti i problemi del caso, ma che uno stato di depressione per questa perdita sia, probabilmente una reazione naturale, vista la tenera età in cui questo brutto evento è successo. Mi sono sentito di consigliare a Gianni una figura di psicologo per questo, magari anche in Inghilterra, visto che forse quest'allontanamento della ragazza in giovanissima età, potesse essere anche un modo di distanziarsi da problemi in famiglia, ma è solamente un'ipotesi. Sicuramente gli antidepressivi possono dare una mano in un primo periodo, ma cercare di parlare ad uno psicologo dei propri pensieri, anche i peggiori, è la strada, a mio parere, corretta.

Il racconto di un povero padre e nonno


Se vorrò continuare la mia esperienza come volontario in associazione, casi come questi, saranno la quotidianità. Ho provato molta pena e disagio calandomi in questa situazione che, in qualche modo, ho voluto io che mi venisse raccontata in quanto, pochi giorni prima, avevo io esposto tutta la mia esperienza di disagio mentale dovuto all'ambiente familiare in cui sono cresciuto. Sono sicuro che anche questo sfogo di Gianni verso di me, una persona sconosciuta, gli sia servito a sentirsi meno solo con il suo dolore.

Coraggio Gianni, spero di rincontrarti presto ed avere notizie di miglioramento.

Saluti

Pol

domenica 12 maggio 2019

Diventare volontario? Mah!

Buongiorno a tutti,
è da qualche anno che cercando nella mia città per scoprire che tipo di associazioni sensibilizzano la gente sulle tematiche relative alla salute mentale.
Sono andato in un paesetto vicino e ho partecipato ad alcuni incontri, saranno stati quattro, cinque, in un teatro che era pieno di gente. Gli argomenti trattati erano di sicuro interesse: ansia, panico, depressione con riferimenti sia per i familiari sia per i malati. Inoltre, in questi incontri, si trattavano situazioni pratiche molto coinvolgenti, per esempio come superare il lutto di una persona cara o come superare le difficoltà di un rapporto di coppia o la fine dello stesso, venivano trattate patologie molto serie, come i disturbi alimentari, la ludopatia, lo stalking.
Io ricordo di aver preso molti appunti e forse all'epoca, era il 2015, aver anche scritto alcuni post sull'argomento, visto che erano ancora freschi nella mia mente e quindi erano pieni di dettagli.
Ho deciso alla fine delle varie serate di compilare il modulo per diventare volontario e di lì a poco mi sono presentato all'associazione per capire come rendermi utile.

Fin da subito, ho potuto notare come sia difficile organizzare gli intenti dei singoli membri, a seconda di quale sia il loro ruolo all'interno. Per esempio, il presidente, persona molto combattiva e con parecchio astio verso le strutture sanitarie della zona, era sempre sul piede di guerra conoscendo la mancanza di fondi per la salute mentale stanziati dal sistema sanitario nazionale, mentre altri soci erano più accomodanti, a tratti rassegnati alla situazione, forse per il fatto che avendo familiari in disagio a casa, erano messi un po' in confusione dai vari specialisti che venivano a conoscere.
Il presidente inoltre, aveva la pessima abitudine di parlare male dei volontari non presenti, forse per il fatto che quelli che davano la disponibilità poi non erano effettivamente presenti nelle azioni. Io non avevo ancora fatto nulla, ma ricordo che condividevo questa sensazione con gli altri nuovi volontari e che per tutti era un sintomo cattivo funzionamento dell'associazione.
Dopo poco tempo e qualche giro di volantinaggio, visto che non venivo preso molto in considerazione, ho deciso di andarmene e nessuno se n'è accorto, tra l'altro... sigh!

Conclusa questa mia esperienza sociale, ho passato parecchio tempo solo a scrivere post basati, sostanzialmente, su quello che casualmente mi capitava, solamente uscendo con i miei familiari e amici, rendendomi conto che, avendo avuto problemi mentali, molte persone mi confidavano le loro ansie, i loro pensieri controproducenti, facendomi venire voglia di partecipare e, magari, fondare un'associazione tutta mia.
Parto dal presupposto che il lavoro, inteso come posto di lavoro, è fondamentale per cercare di ricominciare a credere in se stessi quando si ha avuto un problema di depressione o disagio, quindi sono andato alla ricerca di un'associazione che pensasse a quest'aspetto: 

"Far ricominciare a lavorare una persona con problemi mentali passati o ancora in corso"

Ho trovato quel tipo di associazione l'anno scorso, strutturata e molto presente a livello nazionale e con le idee chiare su che passi una persona deve fare per diventare volontario. Ho fatto tutto l'iter previsto, ho ricevuto l'importantissimo attestato di partecipazione e, adesso cerco di collaborare, per quanto ci sia da fare, anche se io vorrei fare molto di più, ma aspetto i loro tempi, d'altronde non sono io che decido.

La scimmia volontaria certificata

Le direttive su come muoversi arrivano dalla prima sede dell'associazione, molto più storica rispetto alla nostra, si fa molta fatica a mettere in piedi quei progetti di reinserimento lavorativo che avevano attirato la mia attenzione e per i quali mi sono messo in contatto con loro.
Ho trovato molto istruttivo il ruolo di comunicatore nei banchetti allestiti per far conoscere l'associazione, si deve cambiare il modo di comunicare a seconda della persona che si ha davanti, dalla sua età, dalla situazione sociale e persino dal modo in cui si veste. L'abbigliamento e il modo in cui abbina i colori possono comunicare molto di una persona, la cosiddetta comunicazione non verbale.
Io, per mia scelta, ho provato a fermare le persone che mi hanno incuriosito per il modo di vestire, di camminare e anche per la presenza o meno di accessori che, spesso comunicano creatività, stravaganza, curiosità.
Attualmente sono in attesa di risposte dal presidente dell'associazione per essere coinvolto più attivamente sia nella comunicazione con i cosiddetti "profani" e anche per mettere in piedi un corso rivolto a chi attualmente si trova in difficoltà menale o che ha appena superato un momento brutto, ma non ha ancora ben capito se riuscirà a riprendersi stabilmente oppure no.

Staremo a vedere...

Pol

mercoledì 10 aprile 2019

Richiesta di assistenza, la nobiltà in disagio

Buongiorno a tutti,
la primavera di quest'anno mi sta dando parecchio fastidio, forse perché sono un po' scoraggiato nella ricerca di quel famoso "posto nel mondo" che un vecchio amico mi diceva (Vedi Il superfigo interiore).
Nonostante tutto, mai mollare! Voi come state?

Vi racconto di una nuova conoscenza che ho fatto pochi mesi fa:

Un giorno d'autunno dell'anno scorso ricevo una telefonata dalla mia psichiatra che, dopo avermi chiesto come stavo e raccomandandomi di seguire la terapia e fare gli esami del sangue, mi raccontò la storia di Giovanni, da adesso G,  un uomo sulla cinquantina di una ricca famiglia della mia città con problemi psichici.
Al mio stupore riguardo al perché venisse a raccontarmi di questa storia, la Doc mi comunica che pensava di farmi conoscere G, visto che io stavo meglio da parecchio tempo e che le avevo detto che volevo rendermi utile.
Molto contento e gasato da questo incarico, decido di incontrare G. Non erano molte le occasioni di essere tenuto in considerazione, soprattutto da medici psichiatri.
Organizziamo l'incontro che viene strutturato in due fasi: prima parliamo con la madre, io e la psichiatra e poi, si aggiunge G.

Durante la prima fase del colloquio, quello con la madre, mi sono subito reso conto che la mamma di G, a differenza della mia, era molto presente, forse troppo, nella vita di suo figlio; cosa abbastanza tipica delle mamme italiane. Non so bene quale sia la storia clinica di G e che stile di vita lo abbia portato ad avere questo rapporto così stretto con la sua madre ormai ottuagenaria. Sta di fatto che, per il mio modo di vedere, il rapporto madre-figlio in questione è abbastanza strano e, passatemi il termine, malato.
Nella mia telefonata con la Doc anche lei, parlando del rapporto tra i due, lo definiva quasi edipico. Pensando al quadretto familiare: mamma vedova e figlio cinquantenne bisognoso di cure mentali, si fa presto a capire che c'è qualcosa di innaturale.

Nobildonna con bambino nel degrado urbano


Passiamo quindi alla seconda parte, quella in cui entra G.
Fin da subito, mi è sembrato molto intelligente ed educato, aveva il classico "pancione" da assunzione di pastiglie e lamentava con la Doc un problema di prurito e salivazione per via delle pastiglie che assumeva. La psichiatra espone a G la sua intenzione di farci frequentare un po' per vedere se questo potesse dagli beneficio. In realtà, non è andata così, perché la mia intenzione era ben diversa.
Quando avevo esposto la volontà di rendermi utile alla causa della sanità mentale, non intendevo che avessi fatto da "dama di compagnia", passatemi il termine, a G, per alleviare il fatto che se ti senti escluso, strano e un po' pazzerello, nessuno dei tuoi conoscenti e amici vuole la tua compagnia.
Infatti, non ho accettato l'incarico perché, ammesso che esista come mestiere, si tratta di una sorta di tutor mentale, ma senza aver nessuna competenza in psicologia e psichiatria, non me la sono sentita.
Provate pensare al fatto che, magari, G potesse interpretare certe mie parole in modo non corretto, la mia responsabilità sarebbe troppo grande.

Nei giorni successivi, ma anche tutt'ora, mi trovo a pensare alle differenze tra il mio caso e quello di G. Innanzitutto, la disponibilità economica. Io vengo da una famiglia medio borghese, mentre G viene da una famiglia che è un connubio tra imprenditoria e "nobiltà", quindi decisamente ricca. Non dico una bugia, se affermo che lo stile di vita e le frequentazioni cambiano di molto a seconda di com'è inserita una famiglia nella società. Non oso immaginare a che party e vacanze potessero essere abituati i componenti della famiglia di G.

Una volta finito l'appuntamento con la psichiatra, ci siamo trovati fuori io e G, abbiamo acceso tutti e due una sigaretta. Poco dopo, vedo G che va verso un albero e, in pieno giorno, si mette a urinare incurante dei passanti. Dopo aver espletato i suoi bisogni corporali, torna da me e gli dico: "La prossima volta andiamo in un bar, ci credo che dopo ti danno del matto. L'ultima volta che ho pisciato all'aperto ero ubriaco e di notte!". 
Abbiamo parlato un po' e di cosa faceva per passare la giornata e della noia che lo affliggeva, e a quanto si faceva schifo per il suo aspetto, peggiorato dalla terapia assunta. Io, un po' spiazzato da questo mio nuovo ruolo di "consigliere dei malati mentali", dissi l'unica cosa che mi veniva in mente considerando la situazione, anche familiare ed economica di G: "Avere il benessere economico è sicuramente un grande vantaggio che hai. Anche se si hanno dei problemi mentali, si può accedere ai migliori specialisti del campo, ma a differenza delle altre malattie, per essere felici o almeno sopportare noi stessi, dobbiamo sempre avere degli obiettivi concreti che ci facciano accettare dai cosiddetti normali, ti consiglio di trovarne uno al più presto che ti impegni la mente".

Dopo quel giorno, ci siamo sentiti per telefono e basta, io gli ho detto che sto cercando fare del volontariato per combattere lo stigma della malattia mentale in tutte le forme, mentre lui era sempre concentrato sul lamentarsi che è sempre da solo e che i suoi amici non lo vogliono più vedere. Purtroppo, c'è anche da dire che l'età cronicizza certi meccanismi mentali, quindi per G potrebbe essere molto difficile uscire da certi loop. 

Grazie per aver letto fino alla fine... sono un po' fuori allenamento.

Saluti

Pol




martedì 26 febbraio 2019

Agente zero zero Pol: una cascata di neuroni

Buongiorno a tutti,
oggi cercherò di scrivere a proposito di psicofarmaci antidepressivi e della loro classificazione.
Con il termine di psicofarmaco si intende un farmaco in grado di modulare la comunicazione tra le cellule del sistema nervoso centrale attraverso la modifica dei livelli delle sostanze che queste si scambiano per comunicare tra di loro. In alcuni casi, a seconda delle tipologie di farmaco, rendono meno o più recettive le cellule nervose ad accogliere queste sostanze chimiche.
Riuscire a capire come e quale psicofarmaco prendere a seconda dei casi clinici, è una sfida molto difficile per diverse ragioni:


  • Gli psicofarmaci dovrebbero essere prescritti da psichiatri che hanno ben chiara la storia del proprio paziente;
  • I pazienti spesso non sono istruiti sugli effetti collaterali dell'assunzione continua di psicofarmaci ed inoltre, quando si avvicinano ad essi, sono del tutto inermi per mancanza di lucidità e autostima proprio perché vengono da esperienze che li ha fatti allontanare dagli altri;
  • In presenza di attacchi gravi è necessario prendere alcuni tipi di psicofarmaci che poi, vanno gradualmente interrotti accostando un monitoraggio delle sensazioni del paziente da parte dello psichiatra (cosa difficile da attuare per via dei costi molto elevati che questo comporta per la famiglia, in molti casi).

Il paziente deve riuscire ad esprimere tutti gli effetti collaterali che ha dall'assunzione del farmaco. Per esempio, durante la mia storia clinica, ho provato diversi psicofarmaci, alcuni dei quali mi hanno portato a stati di alessitimia (mancanza di emozioni) e difficoltà di concentrazione nel lavoro. Quest'ultimo aspetto, è quello che mi ha fatto chiamare più volte lo specialista per cercare di cambiare e di calibrare meglio la terapia perché la perdita di autosufficienza economica è causa scatenante di altri problemi, come la depressione.
Centrale è il problema della situazione sociale e familiare del paziente che spesso si trova ad essere incompreso e da solo anche se può contare nel supporto familiare che viene visto come un'intrusione e mortifica spesso per il continuo bisogno di sostegno economico. In poche parole il paziente vede che dovrà sempre contare sull'aiuto di qualcun altro e che non ne uscirà mai da questo stato. Assumere psicofarmaci che, per esempio, aumentano lo scambio di sostanze tra i neuroni, non avendo una vita felice, porta a pochissimi benefici, a mio parere.

La depressione è una malattia diffusissima, vediamo come vengono catalogati i farmaci per combatterla:

  • Triciclici;
  • Tetraciclici;
  • Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina;
  • Inibitori selettivi della ricaptazione della noradrenalina;
  • Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina e noradrenalina;
  • Farmaci a meccanismo misto serotoninergico e noradrenergico.

Boh! Io non ci ho capito niente, voi?
Triciclici e Tetraciclici sono differenti solo per la composizione chimica della molecola, non molto di più...
Serotonina, noradrenalina, adrenalina e dopamina? Diciamo che sono tutti amminoacidi, composti chimici a base di azoto, hanno differenti composizioni delle molecole degli elementi che li formano. La serotonina viene citata spesso, anche abusata per essere definita come l'ormone responsabile della felicità. Attenzione però, anche di troppa felicità si soffre (vedi la fase up del disturbo bipolare). La serotonina è legata a braccetto con la dopamina, lo squilibrio di esse, causa, ad esempio, mancanza o eccesso di desiderio sessuale.
Noradrenalina e Adrenalina sono definiti neurotrasmettitori, sostanze che veicolano informazioni tra i neuroni, diciamo che l'azione composta di questi, in termini molto semplificati, ci fa ad esempio aumentare il battito cardiaco e il tono muscolare nell'imminenza di uno sforzo fisico oppure, l'esatto contrario a seconda delle nostre reazioni agli eventi esterni.
Ricaptazione? Possiamo dire che è l'assorbimento di questi neurotrasmettitori dalla membrana di confine tra neurone e neurone e quindi se è stimolata o meno, aumenta o diminuisce l'effetto del neurotrasmettitore nelle terminazioni nervose del cervello.

La situazione si fa complessa... a mio modo di vedere e cercando di semplificare, il nostro cervello è una macchina spettacolare, composta da miliardi di terminazioni nervose che si scambiano elettricità e composti chimici cercando di mantenere in equilibrio tutti gli altri organi e tessuti di vario tipo presenti nel nostro corpo. Sono totalmente convinto che gli scienziati facciano un lavoro fondamentale per cercare di risolvere o limitare i comportamenti malati del nostro cervello, ma allo stesso modo, mi rendo conto che la complessità delle aree della nostra mente, siano ancora un segreto per il loro comportamento e le loro reazioni a diversi stimoli.

La mia terapia farmacologica attuale è composta da stabilizzatori dell'umore, in particolare Litio e Acido Valproico (usato anche nei casi d'epilessia). Questi farmaci, hanno effetti collaterali, come tutti gli psicofarmaci, ma se presi in soglie limite, possono aiutare a vivere una vita più equilibrata, senza troppi sbalzi di umore, ansia e emozioni. Il fatto è che, se non si associa a questo una comprensione della propria situazione a livello psicologico e sociale, si fa ben poca strada, quindi consiglio di iniziare una terapia psicologia per capire quali sono le cause, anche storiche di disagio.

Zero Zero Pol: Licenza di pillola...


Un "piccolo" elenco di principi attivi degli psicofarmaci:

  • imipramina
  • amitriptilina
  • maprotilina
  • amineptina
  • fluoxetina
  • fluvoxamina
  • citalopram
  • paroxetina
  • sertralina
  • venlafaxina
  • reboxetina
  • trazodone
  • nefazodone
  • bupropione
  • mianserina
  • mirtazapina
  • iproniazide
  • fenelzina
  • pargilina
  • toloxatone
  • moclobemide

Mi ricorda un po' l'elenco che faceva Ewan McGregor nel film cult "Trainspotting", ovviamente, tutto questo per scherzarci un po' sopra.

Saluti e buona vita a tutti.

Pol

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